Il metodo si basa sulla misura dei campi elettromagnetici prodotti dalle correnti elettriche indotte nel terreno indagato, e nelle strutture in esso eventualmente
contenute, e da un altro sistema di campi elettromagnetici generati artificialmente in superficie ed è particolarmente adatto a mettere in evidenza formazioni
sepolte caratterizzate da una buona conduttività elettrica (metalli, strutture in laterizi, strutture impregnate di acque ad alto contenuto salino, ecc.).
Le misure del campo magnetico terrestre sono utilizzate per l’individuazione di strutture geologiche a scala regionale e nell’esplorazione mineraria. Intensificando invece
le misurazioni rispetto l’area d’indagine e soprattutto incrementando la sensibilità strumentale, si impiegano per la localizzazione di tubazioni, di siti archeologici,
di materiali metallici e di discontinuità sepolte. Il magnetometro misura l’intensità del campo magnetico terrestre, la presenza di materiale ferromagnetico crea delle
variazioni nel campo magnetico locale consentendo così l’individuazione di oggetti. La risposta di un magnetometro dipende dalla massa e dalla profondità a cui si trova
l’oggetto metallico. Metalli non ferromagnetici, quali l’alluminio, il rame e lo stagno, non inducono anomalie del campo magnetico.